DOVE ERAVAMO.
La piantina.
In questa carta geografica artigianale made in parabrezza, è possibile vedere dove eravamo. Da Cremona, città di partenza, i chilometri per arrivare a Biarritz sono circa 1300.
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Sembra l'Irlanda.
Certi giorni, soprattutto appena prima dei vari uragani, con il cielo grigio e pesantissimo, sembrava di trovarsi su qualche costa irlandese.
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Relax, SVP.
Momenti di relax sulla spiaggia di Bidart, di fronte al campeggio. Al mattino la spiaggia non è ancora toccata dalla marea e dalle onde giganti dell'oceano.
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Un oceano di birra.
Sul sentiero sterrato che costeggia la spiaggia è possibile avvistare, sparse qua e là, chiare testimonianze di selvagge notti birrose.
Questa immagine è diventata il logo di RugbyEstate.
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Paradiso del surf.
Due impavidi surfisti cercano il punto migliore dove poter rischiare di spaccarsi il collo in tutta tranquillità.
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Campo base.
Dopo diverse ore di lavoro e imprecazioni, ecco come si presentava la tenda-campobase di RugbyEstate. Ha resistito a tutti e tre gli uragani oceanici che si sono scatenati nel corso della settimana.
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San Sebastian.
A una trentina di chilometri dal nostro campo base, al di là del confine spagnolo, eccoci a San Sebastian. Il cielo è coperto, ma la spiaggia affollata e il caldo è tropicale.
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PELOTA BASCA COL CAMPIONE DEL MONDO.
Pelota basca.
Eccoci alla partita di pelota, sul campo comunale di Bidart. Tra i giocatori c'è anche il campione del mondo Garcìa, che a fine incontro ci autograferà la pallina.
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Che pubblico!
Garcìa impegnato durante il gioco, sotto gli occhi curiosi di migliaia di spettatori.
Tra le altre cose, una signora, seduta nella tribuna gremita che si vede nella foto, è stata colpita dalla pallina è si è fratturata un braccio (o una gamba, o forse è morta), ma ha avuto in regalo la pallina stessa.
Certe fortune capitano una volta sola...
(Noi la pallina l'abbiamo comprata a 5 €, ma in compenso siamo ancora vivi, e tutti interi.)
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Dati tecnici.
DATA: dal 12 al 20 agosto 2004.
META: Biarritz, Bayonne, Anglet, Tolosa, Narbonne e San Sebastian.
ANDATA: 17 ore.
RITORNO: 19 ore.
KM TOTALI: 2750 circa.
Diario di bordo
giovedì 12
DOCUMENTOS POR FAVOR.
Partiti! Anzi, facciamo un passo indietro: è la sera prima della partenza. Siamo Para e Testa, i due unici partecipanti a RugbyEstate, a causa delle improvvise rinunce, nell'ordine, di: Alterbaum, Generale Birra, e, con una decisione soffertissima e all'ultimo minuto, Arbeitslos (noto anche come Mr. Blue, che aveva creduto eroicamente nel progetto).
Bè, ci stiamo scolando l'ultimo boccale italiano di birra, all'Irish (il nostro quartier generale), e facciamo un'ultimo inventario pre-partenza. C'è tutto. Il controllo incrociato rivela che l'indomani dobbiamo solo ricordarci di partire; tutto il resto è a posto. Un'occhiata ai documenti; Parabrezza: patente valida, carta d'identità ridotta a carta igienica, ma scadenza agosto 2007. TestaGiga: patente valida, carta d'identità perfetta, scadenza... scadenza? Testa, scadenza?? Come? 2002.
- Ah, ma non c'è problema, uso la patente, è valida anche quella, dice Testa.
- Sì, sì, speriamo, risponde Para.
- Ci vediamo domani mattina, alle otto meno un quarto.
Notte.
Sveglia!
Testa arriva a casa di Para alle otto. Un quarto d'ora di ritardo; poco male, si recupera in autostrada. Macchina caricata, via! Ma qualcosa va storto: l'automobile si dirige verso il palazzo comunale, sezione anagrafe.
- Devo rifare la carta d'identità, dice Testa.
RugbyEstate comincia così, alle nove in punto di giovedì mattina, 12 agosto 2004, con un'ora abbondante di ritardo, e, soprattutto, con una splendida e nuovissima carta d'identità elettronica di TestaGiga. Chi ben comincia...
Allora, dicevamo, partiti!
AUTOSTRADA DI FUOCO.
Il viaggio si preannuncia lungo e snervante, più di mille chilometri; la colonna sonora, visto che Para ha dimenticato i suoi CD a casa, è costituita interamente dai dischi del Testone. I titoli all'apparenza sono quantomeno da suicidio, per una persona normale: King Crimson, Tommy degli Who, ben due Greatest Hits made in TestaGiga dei Pearl Jam, un mix sconosciuto di un gruppo sconosciuto canadese, e così via.
Cominciamo con un indolore (e nostalgico) Duran Duran: the greatest hits, che, a causa delle innumerevoli e incontabili ripetizioni, diventerà alla fine del viaggio per Para, stordito dalla voce 'anni 80' di Le Bon, uno dei dischi più amati di sempre. Tra una Wild Boys e l'altra, arriviamo a Ventimiglia, al confine. Lo passiamo con disinvoltura.
Entrati in Francia, dopo aver pagato il primo degli infiniti e fastidiosissimi péage, ciò che i nostri occhi vedono non è proprio incoraggiante: una macchina in fiamme sulla carreggiata opposta. Ammutoliti per i lunghi minuti seguenti, un brivido passa per le nostre schiene già stanche. Che sfiga; e se capitasse a noi? Ci caghiamo addosso. Ma il viaggio deve continuare, ed infatti prosegue tra rituali scaramantici e preghiere rivolte al Dio dei Motori, affinchè la nostra vettura non decida di lasciarci a piedi. Preghiere che vengono ascoltate, perchè, dopo circa dieci ore dalla partenza, arriviamo al cartello TOULOUSE. La prima tappa è raggiunta: dobbiamo solo trovare il campeggio, dal quale, l'indomani mattina, ci recheremo a Montauban per assistere alla partita della Leonessa Brescia contro il XV locale.
Sì, ripeto: dobbiamo solo trovare il campeggio...
TOLOSA. benvenuti.
Tolosa può essere considerata credo la capitale del rugby transalpino, o, in ogni caso, una delle città più importanti rugbisticamente parlando. Campionati vinti a decine, coppe, tornei, trofei vari, medaglie, riconoscimenti, campioni che si sono dati il cambio nel corso degli anni, campioni che hanno fatto la storia del rugby, francese e non.
Addormentato sulla Garonna, con i suoi trecentocinquantamila abitanti, il capoluogo del dipartimento della
Haute-Garonne e della regione dei Midi-Pyrénées ci accoglie col piede sbagliato. Sbagliata è l'uscita dell'autostrada, sbagliata è la nostra decisione di seguire i cartelli centre ville, sbagliate sono le indicazioni del ragazzo della stazione di servizio, alla nostra richiesta di aiuto a districarci nel labirinto di viuzze della città. Infatti, dopo aver abbeverato la nostra stanca auto con una cinquantina di litri di gasolio, decidiamo di fare il punto della situazione e chiedere al cassiere del distributore qualche informazione riguardo alla strada per raggiungere il campeggio più vicino.
TOLOSA. il benzinaio.
Questo ragazzo, dopo averci fissato incredulo e ammutolito per, credo, una decina di minuti, nel silenzio triste della sera, estrae una cartina dallo scaffale alle sue spalle. Probabilmente lui si aspetta che noi a quel punto compriamo quella cartina. Passano altri cinque minuti di silenzio imbarazzante e pesantissimo, ma noi non ci muoviamo: la cartina se la tenga lui; per un giorno solo non vale la pena comprarla, noi ce la caviamo benissimo con le sole e precise indicazioni che il benzinaio stesso ci fornirà. Ma la cartina è ancora chiusa, lì sul bancone. Dopo averla fissata per altri quindici minuti, sempre in silenzio, con una lentezza modello record-del-mondo comincia ad aprirla, farfugliando frasi incomprensibili e troncate a metà, ora in francese, ora in inglese. Poi, di scatto, richiude la cartina e, in apparente stato confusionale, ci indirizza in zona ospedale, dove ci consiglia, una volta sul posto, di chiedere ai passanti. Noi ringraziamo e scappiamo senza fare ulteriori domande.
Arrivati in zona ospedale, questa è la risposta più frequente: "campeggi a Tolosa non ce n'è".
Decidiamo allora, ormai senza speranze, di visitare un negozio di abbigliamento sportivo che troviamo sulla strada, il Decathlon. Sono dieci alle otto, e l'orario di chiusura si avvicina. Dopo aver dato un'occhiata a maglie e palloni, usciamo e, vicino al parcheggio, troviamo un'officina che sta chiudendo.
TOLOSA. il meccanico.
Chiamiamo il meccanico, che finge di non sentirci. Allora entriamo in officina, e lo mettiamo di fronte alla domanda: dov'è il campeggio. Lui ci sorride, e, in un francese incomprensibile, ci spiega la strada. Niente da fare, non capiamo, parla troppo veloce; pietà, siamo stranieri. Lui ci chiede allora un foglio e una penna, e comincia a disegnarci una mappa dettagliata della città e delle vie da seguire, coi rispettivi nomi. Non sembra difficilissimo. Dobbiamo solo trovare le indicazioni per Muret. Facile, no?
Girovaghiamo per due ore, durante le quali ci imbattiamo nella fabbrica Airbus e nella sede dell'Ente Spaziale. Ormai sono le dieci passate, e la fame comincia a farsi sentire in maniera esagerata. Malediciamo il benzinaio e soprattutto il meccanico; ma all'improviso, ecco la luce: il cartello MURET ci sorride, lì davanti a noi. In giro non c'è più nessuno. Entriamo nella stazione ferroviaria ma non ci sono cartine nè indicazioni. Dov'è il campeggio? Fuori dalla stazione troviamo una signora che ci risponde con parole già sentite: qui non c'è nessun campeggio.
TOLOSA. campeggi & campeggi.
Sembra davvero la fine. Decidiamo, ormai rassegnati, di mangiare e poi, sperando di non schiantarci, partire alla volta di Biarritz, lasciando perdere l'amichevole tra Leonessa e Montauban che avevamo in programma per il giorno seguente. Così ci buttiamo nel primo ristorante che troviamo, il Buffalo Grill, dove mangiamo e ci riposiamo per un'ora abbondante.
Finita la cena, montiamo in macchina e cerchiamo l'ingresso dell'autostrada. Passiamo incroci, cavalcavia vari, e sottopassi, col cibo che comincia a pesare e presentare il suo conto: il temuto effetto abbiocco, possibile causa di un nostro schianto autostradale notturno. Speriamo bene.
Arrivati all'ultimissima rotatoria, prima del péage, TestaGiga lancia un urlo spaventoso: CAMPING!
CAMPING!, ripete un Para che aveva perso ogni speranza. Si tratta di un cartello seminascosto dall'erba, praticamente invisibile al buio. L'abbiamo trovato. Seguiamo l'indicazione, che probabilmente ci era già passata davanti un'altra mezza dozzina di volte durante il nostro girovagare, e arriviamo davanti all'ingresso del campeggio. Sì, maledizione, è proprio il campeggio che abbiamo cercato per ore, eccolo; il meccanico aveva ragione, ritiriamo tutti gli insulti a suo carico. La tentazione di mendicare un posto per la notte è fortissima.
Ma ormai la decisione è presa: fari puntati a sud-ovest, partiamo per la gloria.
FINALMENTE L'OCEANO.
Mancano su per giù trecento chilometri alla meta. Forse la decisione di continuare la spedizione senza pause o soste non è stata la migliore possibile; ma la strada è libera, il traffico nullo, si viaggia bene. L'automobile si trasforma, chilometro dopo chilometro, in un letto con le ruote. Ci accorgiamo di guidare con gli occhi chiusi per mezz'ore intere. Per una casualità fortunosa rimaniamo in carreggiata, ondeggiando da un guard-rail ad uno strapiombo, senza schiantarci, come invece sarebbe logico. Più o meno siamo in strada da sedici ore.
Il silenzio dei Pirenei, a tratti maestosi, illuminati da una luna timida che ci guarda nascosta per metà dietro minacciose nubi cariche d'acqua, è un compagno di viaggio ideale.
Verso l'una gli occhi di tutti sono completamente chiusi. La macchina-letto va in automatico, macina curve, rettilinei, salite, discese, passiamo boschi, paesi, sorpassiamo anche altri disperati addormentati al volante, come noi.
Ma la minaccia viene dal cielo. Una dopo l'altra, delle nottambule gocce di pioggia cominciano a ticchettare sul nostro parabrezza. L'asfalto, che fino a poco prima ci aveva cullato teneramente, ora è una piscina: dieci centimetri d'acqua o più. Per due goccioline.
Fortunatamente non dura a lungo, e al nostro arrivo in prossimità di Bayonne la pioggia si ferma. Ci trasciniamo così all'ultimo péage. Siamo fuori dall'autostrada e, davanti a noi, rischiarato dalle tenui luci colorate delle due e mezza del mattino, c'è l'oceano. Finalmente.
venerdì 13
UN POSTO DOVE DORMIRE.
Et voilà, eccoci a Bayonne. Per raggiungere Biarritz percorriamo la strada che costeggia questa massa d'acqua, che sembra stia dormendo. Certo, a quest'ora della notte, di un giorno feriale, ci aspettiamo di trovare un campeggio senza il minimo affanno. Ma non è così, naturalmente. Il primo giro perlustrativo ci porta alla piazza principale della città, dove vediamo la Polizia Locale che sta discutendo animatamente con dei ragazzi forse per via di uno scippo o chissà che. Scendiamo dalla macchina, parcheggiata alla meno peggio, e, dopo aver ripreso a fatica l'uso delle gambe, cerchiamo di orientarci studiando la mappa della città affissa ad una bacheca illuminata: il campeggio sembra ormai alla nostra portata. Questa volta, pensiamo, sotto le gocce di fredda pioggia che si fanno sempre più insistenti, è davvero uno scherzo: è fatta, si dorme!
BETSEN & CO.
Nella tarda mattinata, dato che siamo in giro per spese di prima necessità (vedi cibo e liquidi da trangugiare), decidiamo di fare un salto allo stadio di Biarritz, già avvistato più e più volte durante la disperata ricerca notturna del campeggio.
Il primissimo impatto con le tribune è incoraggiante: i cancelli sono spalancati, e il campo è lì, a due passi da noi, pronto ad accoglierci. Dopo una breve ispezione di tutto l'impianto, destinato, tra l'altro, anche a discipline come il tennis e la folkloristica pelota basca, ci accorgiamo che ad uno ad uno stanno arrivando i giocatori del Biarritz Olympique.
Sì: uno dopo l'altro, sfilano davanti ai nostri occhi ancora allucinati dal viaggio, i vari Brusque, Traille, Yachvili, Betsen e altri. Dopo essersi cambiati, entrano in campo per un allenamento di alleggerimento dopo la partita della sera prima, giocata e vinta contro il Castres. Solo qualche giro di prato, e poi tutti a casa. Quando escono, ci salutano come se fossimo grandi amici da anni. Noi, dopo aver ricambiato il saluto, perdiamo l'occasione di scattare qualche foto ricordo, perchè le macchine fotografiche sono rimaste sui sedili dell'auto, nel parcheggio dello stadio. Porca p...
PROSSIMAMENTE LA SECONDA PARTE...
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